In occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno di Libera, nella convinzione che oggi la legalità e la sostenibilità possano essere sinonimi, Eco in città ha pubblicato il mio ultimo contributo sull’economia circolare, dedicato alla coraggiosa esperienza di Ericina Libera.
L’adozione dei vari bonus fiscali o economici ai fini di una strutturale riqualificazione statica-energetica degli edifici e l’intenzione di riformare il Catasto rivelano come la manutenzione e la gestione del patrimonio edilizio esistente italiano, particolarmente vetusto e obsoleto, rappresentino una delle più affannose criticità con cui si sta misurando il Governo Draghi.
Nel nostro Paese, in cui l’edilizia da sempre costituisce uno dei driver dell’economia, sarebbero presenti, secondo le ultime stime Istat, non meno di 14 milioni di edifici, il 70% dei quali costruiti prima degli anni ’80 del secolo scorso e, quindi, notevolmente energivori e verosimilmente sovradimensionati rispetto alla composizione media delle attuali famiglie italiane.
L’esigenza di ristrutturare, profondamente e radicalmente, lo stock immobiliare, non solo residenziale, può comportare, di conseguenza, il ricorso all’istituto della demolizione selettiva di quei manufatti edilizi il cui recupero non sarebbe conveniente.
La demolizione e ricostruzione, nei dettami di un maggior efficientamento energetico e di un consolidamento statico coerente alla nuova disciplina della tecnica delle costruzioni, permette, tuttavia, al paradigma dell’economia circolare di “entrare nei cantieri”, trasformando gli scarti e i rifiuti in nuove materie prime seconde riutilizzabili in nuovi cicli produttivi, con non pochi benefici economici ed ambientali.
In un settore – l’edilizia – in cui l’innovazione sistemica, tecnologica e materica, fatica ancora a prendere il sopravvento sul “si è sempre fatto così” e ancor più in occasione della Giornata mondiale del Riciclo, dunque, l’esperienza della Calcestruzzi Ericina Libera merita di essere celebrata come esempio virtuoso e coraggioso di circolarità sociale e aziendale.
Nella provincia di Trapani, che non merita di essere conosciuta solo per essere il feudo del superboss di Cosa Nostra Matteo Messina-Denaro, all’inizio del nuovo millennio viene definitivamente confiscata l’azienda Calcestruzzi Ericina, i cui lavoratori, appellandosi alla legge 109/1996 sull’uso sociale dei beni confiscati e supportati dall’associazione Libera, riescono ad ottenerne la gestione, una volta costituiti in cooperativa.
La pratica del riciclaggio, in una sorta di incantesimo circolare, da atto illegale diventa atto di ribellione sociale e modalità per una diversa valorizzazione ambientale di un materiale ad alto impatto come il calcestruzzo o conglomerato cementizio.
Nella nuova Calcestruzzi Ericina Libera, infatti, il core business è rappresentato dal recupero e dal riciclo di questo materiale che, sottratto alle discariche, finisce in un impianto tecnologicamente all’avanguardia e pionieristico nel Mezzogiorno: il ROSE.
Questa infrastruttura (il cui acronimo sta per “Recupero Omogeneizzato Scarti Edilizi”) permette di filtrare dalle tonnellate di materiale in lavorazione le frazioni indesiderate (ferro, plastica, carta, legno) salvaguardandone la qualità e le capacità meccaniche – soprattutto la proprietà di resistere agli sforzi di compressione – nonché favorendone un pronto reimpiego.
Il calcestruzzo riciclato, realizzato con una piattaforma tecnologica a basso impatto ambientale, è oggi utilizzato per realizzare parcheggi, sottofondi stradali e ponti a campate ridotte, come dimostra una innovativa esperienza in corso di sperimentazione in Svizzera.
Ecco, dunque, la legalità che ci piace: la “legalità del noi”, quella che profuma di libertà e di sostenibilità, quella che si fa “cemento etico” di un cambiamento democratico ed ecologico non più rinviabile.
P.s. All’edilizia sostenibile – da realizzare attraverso mattoni riciclati e in canapa – ho dedicato, in passato, un altro articolo.
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