Sui giornali italiani se ne è parlato poco e, forse, sarebbe stato opportuno farlo, ancor più dopo la revisione in chiave ambientale della Costituzione.
Oltre 200 soggetti, tra singoli individui e associazioni ambientaliste, hanno deciso, per la prima volta nella storia del nostro Paese, di intentare “la causa del secolo” contro lo Stato italiano per la sua inazione climatica e, dunque, per le reiterate violazioni di norme nazionali e internazionali orientate sia a prevenire efficacemente gli effetti sempre più evidenti e devastanti dei cambiamenti climatici; sia a riconoscere i diritti umani delle popolazioni che potrebbero essere colpite dagli eventi estremi in aumento indotti dai medesimi fenomeni.
In un’Italia che non dispone ancora di una legge nazionale sull’adattamento ai cambiamenti climatici e che non ha ancora aggiornato il proprio Piano nazionale Energia e Clima – documento ancora più urgente e necessario oggi, se si guarda alle tensioni geopolitiche internazionali – la campagna di sensibilizzazione Giudizio Universale, promossa prioritariamente da A Sud Onlus e da cui è nata tale iniziativa legale a favore della giustizia climatica, si pone, nello specifico, i seguenti obiettivi:
la condanna dell’Italia perché «responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica»;
l’ordine, per il nostro Paese, di rispettare l’Accordo sul Clima di Parigi del 2015 (e le norme comunitarie del Green New Deal), riducendo le emissioni di gas serra entro il 2030 del 92% rispetto al 1990.
La riduzione del 92% presente nell’atto giudiziario è stata determinata attraverso il Climate Action Tracker delle organizzazioni indipendenti Climate Analytics e New Climate Institute con cui si valutano le politiche del clima dei vari Paesi del mondo e in quale misura dovrebbero essere tagliate localmente le emissioni climalteranti, osservando i principi dell’equità e della responsabilità rispetto al parametro della ricchezza nazionale.
Questa stima, necessaria per contenere l’aumento della temperatura media entro l’1,5° C, è giustificata, inoltre, da una pluralità di evidenze scientifiche che fotografano l’estrema fragilità del nostro Paese.
Secondo il Climate Risk Index 2021, l’Italia è 22esima per vulnerabilità climatica e al 6° posto per numero di decessi causati da eventi estremi come ondate di calore o frane e alluvioni; secondo il World Atlas of Desertification, invece, almeno il 20% del territorio italiano è esposto ad un alto rischio di desertificazione, con le precipitazioni – e lo stiamo vedendo già nell’Italia settentrionale in queste ultime settimane – che potrebbero ridursi anche del 30% entro la fine del secolo rispetto al 1971-2000.
In Germania, a fine aprile 2021, la Corte costituzionale ha ordinato al governo tedesco di cambiare la propria legge sul clima, accettando il ricorso di cittadini e associazioni secondo le quali la norma violava la loro libertà e il loro diritto a vivere con un clima stabile e sicuro.
Cosa succederà nel nostro Paese? Quale verdetto sarà pronunciato dal Tribunale Civile di Roma?