Un paio di mesi fa, quasi all’improvviso, ho scoperto su Linkedin la storia di Jebbia.
Da persona curiosa, attratta da questo nome insolito, ho scritto un messaggio privato a colui che ne promuoveva la nascita, per saperne di più e per comprendere come dietro e dentro questo termine si potesse disvelare un mondo inedito.
Oggi di Jebbia ne ho scritto qui, riportandone di seguito il testo, nella gioia sincera che di questa startup ne sentiremo presto parlare molto e bene, tanto da meritare già un primo, prestigioso, riconoscimento internazionale.
Sono appassionati e motivati, ma soprattutto convinti che la loro idea innovativa e generativa possa concorrere, sin da subito, ad una rigenerazione naturale delle città sempre più fagocitate dal cemento e sconvolte dagli effetti estremi di origine antropica indotti dai cambiamenti climatici.
I giovani professionisti di Jebbia, così si chiama la neonata startup siciliana approdata nella prestigiosa academy del New European Bauhaus, si raccontano, nelle parole del Ceo Domenico Pititto, a poche ore dalla loro partenza per Bruxelles.
Oggi viviamo il tempo dell’egoismo e dell’individualismo. Cosa spinge i promotori di Jebbia a lavorare insieme, per la prosperità sociale e ambientale non solo dei propri territori di origine? Che vuol dire la parola “Jebbia”?
“Il team, costituito da profili interdisciplinari che condividono la visione strategica dell’ecologia integrale per cui è necessario saldare la giustizia sociale con quella ambientale, si propone il coraggioso e ambizioso obiettivo di trasformare ogni tipologia di ambiente esterno (per ora, poi, magari anche interno) in un’oasi verde in grado di migliorare la qualità della vita delle persone.
Siamo fortemente mediterranei, e non solo siciliani, nell’idea che il multiculturalismo e il pluralismo di linguaggi siano strumenti di autodeterminazione e di innovazione sociale. La parola “jebbia”, infatti, deriva dal termine arabo ”jabb”, da quello maltese ”ġiebja” e, infine, dal siciliano “gebbia”: con essa ci riferiamo alla cisterna.
E la scelta non è casuale: Jebbia vorrebbe risolvere il tipico problema delle cisterne d’acqua poste, in particolare, sui tetti che, oltre a deturpare il paesaggio, espongono l’acqua a processi che possono impattare sulla salute delle persone”.
Qual è il core business della vostra nascente startup e l’idea sulla quale state costruendo il vostro percorso?
“Il core business della startup è quello di rendere accessibili e valorizzare ogni tipologia di ambiente attraverso un concetto capace di offrire eleganza e profumi di un giardino, facile da installare, energeticamente e idricamente autosufficiente, abbinato al monitoraggio dei dati ambientali.
In prospettiva, perciò, le nostre soluzioni potranno rappresentare un solido supporto per gli operatori gardening, come i vivaisti o i giardinieri poiché saranno loro i soggetti abilitati all’installazione e alla cura del rapporto con i nostri clienti”.
Cosa è il New European Bauhaus e cosa può significare per realtà come la vostra?
“Il New European Bauhaus, come ha sottolineato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen quando lo ha presentato, è un nuovo progetto ambientale, economico e culturale, destinato ai paesi dell’Unione Europea, che coinvolge aziende e società civile e vuole rendere il Green Deal un’esperienza tangibile e condivisa dai cittadini europei con l’obiettivo di costruire insieme un nuovo futuro.
Il festival al quale siamo stati invitati a partecipare, per presentare la nostra idea progettuale, è una opportunità enorme, sulla scena internazionale, non solo per costruire relazioni ma anche perché ci spingerà a realizzare in tempi non eccessivamente lunghi il nostro prototipo”.
La pandemia ci ha consegnato una nuova modalità di lavoro ibrida, tra incontri in presenza e smart working che nel Mezzogiorno è soprattutto south working. Jebbia si propone di restare in Sicilia per un cambiamento reale e tangibile dal basso o pensa di dover emigrare per conseguire riconoscimenti più prestigiosi?
“Jebbia è un progetto agile e snello e, soprattutto, con un forte senso di appartenenza nonché con la voglia di contribuire alle sfide di sostenibilità e di riqualificazione dell’isola. Per cui si propone di restare al centro del Mediterraneo e dare valore sia al mercato locale che a quello internazionale”.
Tra 5 anni, infine, dove vorreste vedere la vostra Jebbia?
“Il nostro team interdisciplinare ha una visione e stiamo costruendo una nostra roadmap chiara e definita. Siamo ambiziosi e sogniamo in grande, ma con i piedi ben piantati per terra riteniamo che ove raggiungessimo il risultato di diventare un riferimento per l’outdoor gardening e per la riqualificazione urbana, sarebbe già una grande e bella soddisfazione”.