Di suolo e di consumo di suolo mi occupo da almeno 10 anni, sin dagli anni universitari e, in generale, da quando la sostenibilità non era di “moda” come oggi, nella convinzione che occorra custodire e proteggere una simile, preziosissima, risorsa naturale non rinnovabile dal cui stato di salute dipende la qualità della nostra stessa sopravvivenza.
Di suolo, purtroppo, oggi parlano in tanti, ma ancora pochissimi ne riconoscono davvero l’importanza per il nostro benessere quotidiano. Sono grato, pertanto, alla Gazzetta del Mezzogiorno che, in occasione della pubblicazione del nuovo rapporto Ispra sul consumo di suolo, mi ha rivolto alcune domande per conoscere l’evoluzione di questo fenomeno a Bari e in Puglia.
Di seguito il testo dell’articolo, redatto da Rita Schena, che ringrazio per la sua attenzione.
E’ un puntino nero sulla mappa che più nero non c’è. Bari consuma suolo come Crono mangiava i suoi figli e a metterlo nero su bianco è l’ultimo rapporto Ispra 2022, presentato un paio di giorni fa. Una voracità che ci allontana dalle direttrici tracciate dall’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile e soprattutto senza un vero perché.
«Diciamo che la situazione è peggiorata in tutt’Italia, spiega Giuseppe Milano, Segretario generale Greenaccord onlus ed esperto di consumo di suolo, cambiamenti climatici, rigenerazione urbana e comunità energetiche. Consumiamo con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto degli ultimi 10 anni, con la velocità di 2m² al secondo. Di questo passo non solo non riusciremo a rispettare gli obiettivi 2030, ma neanche quelli al 2050. In questo scenario Bari e la Puglia stanno messe molto male. La mappa lo dimostra: Bari è l’unica zona urbana che nel solo 2021 ha consumato più del 30% della sua superficie amministrativa».
E non è un episodio isolato. Il consumo di suolo in maniera esponenziale è un trend che ha almeno 15 anni di storia documentata. Guardando le tabelle Ispra la Puglia ha una densità di consumo di suolo netto calcolato tra il 2006-2021 di 71,05m²/ha, quasi il doppio rispetto alla media nazionale del 38,24 e superiore alla Lombardia che ha il 58,04. Neanche il Veneto ha visto una crescita simile alla pugliese, assestandosi «solo» al 67,13.
Sempre scorrendo i dati fa un certo effetto vedere come nel 2021 Roma ha macinato oltre 95 ettari e un comune come Palo del Colle 32,37. «Il caso di Palo è uno degli esempi di studio più inquietanti messi in evidenza dal Rapporto, sottolinea Milano. In un comune assolutamente infinitesimale rispetto ad una capitale, il dato è schizzato per l’installazione di un mega impianto fotovoltaico che ha coperto 25 ettari di suolo agricolo con 42mila pannelli. Una realizzazione che ha impermeabilizzato un territorio grande come quasi 30 campi di calcio.
Esempio tipico di come non si dovrebbe usare il suolo. Basti pensare che secondo un recente studio, se i pannelli solari venissero installati su tutti i tetti di case, fabbriche e caseggiati, riusciremmo a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 nel 2025, con cinque anni di anticipo e senza consumare suolo. Ma soluzioni del genere necessitano di pianificazioni che noi non abbiamo. In Puglia non abbiamo strategie energetiche e a sua volta non c’è una legge regionale che contrasti il consumo del suolo. Se ne parla dal 2012 senza esito».
Logica vorrebbe legare il consumo di suolo in base al trend demografico, ma così non è. Si continua a costruire in maniera indiscriminata, il territorio soffoca sotto colate di cemento sempre più estese, il terreno non riesce ad assorbire l’acqua e il caldo si fa sempre più torrido. «Con una battuta si può affermare che questa non è l’estate più calda di sempre, ma la più fresca dei prossimi dieci anni, chiosa Milano.
Dal 2006 a oggi abbiamo cementificato e di conseguenza impermeabilizzato un territorio grande come la Liguria. La Puglia ha consumato quasi 500 ettari di suolo solo nell’ultimo anno, con Bari (116 ettari) che è la seconda provincia dopo Lecce (137), perché il Salento, per rispondere alle richieste turistiche, ha cementificato tutto, oltre a subire più forte l’erosione costiera. Ma quello che spaventa è Bari con oltre il 43% di suolo consumato, seguita da Modugno al 42%. Primati regionali poco lusinghieri».
La Puglia è la quinta regione per consumo dopo Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. «Ma c’è una riflessione da fare, spiega Milano. Mentre le quattro regioni del Nord stanno vivendo una crescita demografica, per cui si può anche comprendere la necessità di ricorrere a nuove costruzioni (che pesano per quasi il 30% dei motivi per cui si consuma suolo), la Puglia e Bari stanno avendo un decremento demografico. Quindi mi chiedo: si costruisce cosa e per chi?».
Costruzioni sui costruzioni, cemento su cemento, la situazione si aggrava dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Consumare verde significa non riuscire a reggere le piogge sempre più intense e avere a che fare con ondate di calore sempre più lunghe. «Se prendiamo tutto il costruito a livello italiano è come se ognuno di noi vivesse in una reggia di 360m². In Puglia e a Bari questo dato sale a 390m².
Poi ci lamentiamo dei processi di desertificazione, del caldo. Come potrebbe essere diversamente? Da alcune analisi si è riscontrato che chi vive a Bari nel Murattiano, rispetto a Carbonara, ha un differenziale di 2 gradi. Bari è la città più calda a livello nazionale insieme a Palermo e invece di aggiustare le cose cosa si fa? Si costruisce. La scelta peggiore».