Se il mio ultimo articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno sul crescente e devastante consumo di suolo nella Città Metropolitana di Bari non avesse avuto il notevole riscontro che ha avuto, con decine di migliaia di persone raggiunte, il Sindaco di Bari non avrebbe replicato nel modo precipitoso e furioso in cui lo ha fatto. Negli ultimi 8 anni, ossia da quando amministra il capoluogo pugliese, non era mai successo che Antonio Decaro rispondesse a critiche così solide con argomenti debolissimi.
La sua risposta, purtroppo, non rivela soltanto la scarsa conoscenza del rapporto redatto dall’Ispra, addirittura contestato nei suoi dati, ma anche la difficoltà di realizzare la conversione ecologica in modo credibile, in un territorio in cui sta germogliando una nuova consapevolezza sulla fragilità degli ecosistemi urbani. Da Presidente dell’Anci, inoltre, potrebbe fare moltissimo per azzerare il consumo di suolo, come ci chiede di fare l’Europa entro il 2050 e come sottolinea il professore Paolo Pileri in questo articolo: per esempio esigere dal Parlamento la definitiva approvazione di una nuova legge nazionale che tuteli questa preziosa risorsa naturale. E invece niente.
Bari è tra le capitali italiane del cemento, con oltre 100 ettari di suolo naturale impermeabilizzati negli ultimi 5 anni e un indice pro-capite annuale tra i più alti di tutto il Paese. In una città che, purtroppo, continua a perdere popolazione e che dispone di un ingente patrimonio edilizio esistente ampiamente sottoutilizzato che andrebbe opportunamente censito prima e riqualificato poi (con misure ben diverse dallo scellerato “Piano Casa”), il nuovo consumo di suolo – per almeno il 30% riconducibile alla realizzazione di residenze “di lusso” – è inaccettabile, non solo dal punto di vista ecologico o economico (con il “prezzo” della progressiva riduzione di aree verdi e di superfici permeabili capaci di drenare le acque meteoriche), ma anche sociale.
Tra le conseguenze più gravi dei processi di impermeabilizzazione, infatti, le isole di calore – la cui intensità è dovuta alla quantità di asfalto e cemento presente – oggi rappresentano una seria minaccia per la salute dei cittadini, soprattutto di quelli più fragili e vulnerabili, senza dimenticare, inoltre, le alluvioni che a causa dei cambiamenti climatici rischiano di essere sempre più intense e frequenti.
Da un Sindaco, che ha giurato su una Costituzione da alcuni mesi riformata con i nuovi articoli 9 e 41 che obbligano anche gli amministratori ad agire rispettando il diritto delle prossime generazioni a vivere in ambienti salubri, ci si aspetterebbe, perciò, maggiore sincerità e corresponsabilità.
Le città non sono una proprietà privata di chi le amministra o di chi ne sfrutta le risorse naturali per incrementare le proprie rendite, ma sono un bene comune nella disponibilità di chi le abita e le abilità con la propria creatività e generosità, con le proprie visioni e ambizioni, in una reciprocità autentica e trasversale perché nessuno si salva e salverà da solo.