Il mio ultimo articolo, su Eco in Città, è dedicato ad un tema emergente: la nautica sostenibile.
“Possiamo essere giunti fin qui su navi diverse ma, ora, siamo tutti sulla stessa barca”. E nel mare in tempesta della nostra contemporaneità così pesantemente attraversata da fragilità sociali e ambientali, Marthin Luther King, senza volerlo, indica gli orizzonti da seguire: quelli della prossimità e della sostenibilità.
Ancor più se esplorassimo i livelli di inquinamento raggiunti dai paesaggi marini, con una perdita esponenzialmente sottovalutata di biodiversità, si comprenderebbe, pertanto, quanto urgente sia “navigare” nella cosiddetta “blue economy” (come l’ha definita già nel 2010 lo studioso di fama internazionale Gunter Paoli) e quanto rilevante sarebbe approdare sulla penisola del futuro, disegnata dalle “dune” dell’economia circolare e dagli “scogli” dell’ecologia integrale.
Fuor di metafora, dunque, significa accogliere, sostenere e valorizzare – come Sistema-Paese – le innovazioni che stanno trasformando radicalmente l’industria della nautica.
Un settore industriale, peraltro, non solo particolarmente energivoro e inquinante per i suoi cicli di produzione e il funzionamento o approvvigionamento dei mezzi, ma anche notevolmente apprezzato dai sempre più numerosi appassionati o esperti che ambiscono a vivere una relazione armonica ed ecologica con il mare.
Sono ormai diverse, in Europa e in Italia, le startup e le aziende tecnologicamente all’avanguardia che stanno investendo sulla nautica sostenibile, con i primi prototipi sperimentali che lasciano ben sperare sulla rigenerazione dei mercati e sulla fruizione dei territori acquatici.
Da chi sta introducendo motori alimentati dall’energia del sole e del vento o finanche dall’idrogeno – con vantaggi in termini di emissioni climalteranti, acustiche e odorigene ridotte – a chi, come la Northern Light Composites, ha scelto di impegnarsi nella fabbricazione di imbarcazioni “circolari”.
Tali modelli pionieristici, nell’obiettivo di ridurre gli impatti dannosi di un materiale composito come la vetroresina, vengono realizzati, infatti, in fibre di lino con anima in Pet riciclato o riciclabile e saldati mediante la resina termoplastica Elium che permette di recuperare la barca e di allungarne il ciclo di vita.
Un’altra esperienza degna di nota è, inoltre, Ev-Ita (“Electric vehicle Italy”, con l’acronimo “Ita” che sta anche per Innovazione Tecnologica per l’Ambient”): si tratta di un gozzo elettrico di nove metri, costruito secondo i principi dell’economia circolare una volta recuperato e curato lo scheletro preesistente, capace di tenere insieme efficienza e sicurezza per una esperienzialità inedita nella marina protetta delle isole Egadi, dove è attualmente accolto.
Una menzione particolare la merita, infine, “Euphoria”: è una imbarcazione pugliese, opportunamente rigenerata e resa accessibile integralmente per i diversamente abili perché la sostenibilità non è reale se non contempla anche la bellezza della diversità e della prossimità sociale.