Se il calcio, lo sport più amato e seguito al mondo, diventasse più sostenibile, in tutta la sua lunghissima filiera, ne otterremmo non pochi benefici anche sociali e culturali. Il Pontedera, nel suo piccolo, ha fatto qualcosa di grande, come scrivo di seguito, perché il buon esempio, a qualsiasi latitudine, è sempre straordinario.
“Torneremo alla normalità, in Italia, quando il teatrino del calcio riaccenderà i riflettori”. Questa post-verità, pronunciata da un noto giornalista sportivo qualche giorno fa, ci restituisce non solo la fotografia di un Paese che vuole tornare alla quotidianità pre-pandemica, ma anche che, apparentemente, vorrebbe farlo senza assumere il cambio di paradigma che, invece, il dramma sanitario e finanziario, sociale e culturale, richiederebbe.
Eppure, proprio a pochi giorni dalla ripresa del campionato di Serie A, continua a far parlare di sé l’esperienza fortemente innovativa promossa dalla città e dalla società sportiva di Pontedera.
La squadra, che oggi milita nel campionato di Lega Pro, coltiva le sue ambizioni di promozione in un “eco-stadio”: “l’Ettore Mannucci” di Pontedera, infatti, oltre ad essere completamente illuminato da dispositivi a led, è anche dotato – ed è un’eccellenza mondiale – di seggiolini in plastica riciclata, a loro volta riciclabili.
Nello specifico, nei dettami dell’economia circolare, le tremila sedute dell’impianto sportivo sono state realizzate, nella misura del 40%, in plasmix, ossia un materiale composito e di nuova generazione – con cui, per esempio, oggi sono prodotte anche le tegole degli edifici – che deriva dalla lavorazione e dal riciclo delle plastiche miste degli imballaggi selezionate dalla raccolta differenziata che, altrimenti, sarebbero finite in discarica o nei termovalorizzatori.
L’esperienza toscana, riconosciuta e premiata durante l’ultima edizione della European Green Week – organizzata dalla Commissione Europea per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di una gestione sostenibile degli eventi sportivi – nasce dall’intuizione creativa dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che, nell’ambito del progetto europeo Life Tackle, ha coinvolto l’azienda locale Revet per il suo know how tecnologico sul riciclo delle plastiche.
Al progetto sperimentale ha partecipato proattivamente, inoltre, anche Omsi – un’azienda leader nello stampaggio di sedute per impianti sportivi – che ha supervisionato la trasformazione del materiale grezzo riciclato in conformità con le norme comunitarie sulla sicurezza anti-incendio V2 adottate dalla Fifa e per il rispetto delle quali la percentuale di plasmix non poteva superare il 40%.
Per l’eterogeneità della frazione plastica e per la difficoltà a riciclarla, dunque, la case history di Pontedera è davvero significativa e sarebbe auspicabile, quindi, che anche altre società sportive, a cominciare da quelle della massima serie, ma anche quelle agenti in altre discipline, adottassero provvedimenti simili per rendere maggiormente sostenibili i loro impianti.
Lo Sport, e il calcio in particolare, soprattutto per la sua attrattività e riconoscibilità, possano, perciò, davvero “scendere in campo” con l’Ambiente e segnare i “goal” necessari per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile, consentendo al nostro Paese di vincere lo “scudetto” del futuro e testimoniando, infine, quanto il binomio “ecologia ed economia” sia vincente. Per tutti.