Il Giornale dell’Architettura, che ringrazio, ha pubblicato questo mio articolo sulla mirabile esperienza di rigenerazione urbana avviata a Lentini, in Sicilia.
Nella Sicilia incubatore a cielo aperto di innovazioni sociali e ibridazioni culturali, nella quale brillano le stelle di Favara (Farm Cultural Park) e Mazara del Vallo (Periferica), può succedere che nasca un collettivo costruito sulla trasversalità dei saperi e sulla diversità dei pensieri.
Succede nella Lentini dello storico filosofo presocratico Gorgia, per il quale “gli uomini retti sono onore e ornamento della città, del corpo lo è la bellezza, dell’anima la saggezza, dell’azione la virtù, del pensiero la verità”. Succede in un territorio simile a tanti altri di quel Mezzogiorno periodicamente descritto da Censis e Svimez come “deserto” dal quale fuggono soprattutto le più giovani generazioni per mancanza di opportunità.
Qui, invece, un gruppo vivace e determinato “di giovani e diversamente giovani”, Badia Lost & Found, ha deciso di sfidare la rassegnazione con la mobilitazione, valorizzando un bene comune di particolare rilievo. Palazzo Beneventano ricade, infatti, in un distretto urbanistico di stampo “nobiliare”: oltre ai Palazzi delle famiglie Aletta, Alaimo, Bonfiglio, De Geronimo, Pisano-Baudo, Scammacca, nell’area sono riconoscibili latomie di età greco-romana e diversi complessi di culto.
L’edificio, oggi di proprietà comunale e progettato nel 1887 da Carlo Sada (già architetto del Teatro Bellini a Catania), dal 1994 al 2007 fu parzialmente restaurato con fondi europei, ma, per l’interruzione dei lavori nel 2011, la struttura venne abbandonata. Palazzo Beneventano, riconosciuta fino al 2015 più come palestra per vandali che come patrimonio culturale, era privo di un’adeguata destinazione d’uso e di un’accurata organizzazione degli spazi.
«La riqualificazione del palazzo – racconta Giorgio Franco, 28 anni, esperto in Beni Culturali, già presidente della sezione locale di Italia Nostra – è un’azione partita dal basso. Il nostro è un gruppo intergenerazionale ed eterogeneo di cittadini, dal quale sono nati prima la sezione locale di Italia Nostra e, successivamente nel 2017, il progetto Badia Lost&Found, dal nome del quartiere sul quale investiamo il nostro entusiasmo.
La nostra resilienza – continua Franco – è frutto del seme dell’appartenenza che ogni giorno innaffiamo non volendo veder seccare la bellezza del nostro territorio. Il nostro intervento di restauro (con fondi autoprodotti da attività culturali nel medesimo sito e grazie alle aziende del territorio) ha avuto un carattere sia architettonico, sia antropologico, agendo sulla sfera materiale e immateriale, per far comprendere a tutti i cittadini che quel bene apparteneva a loro».
Il gruppo guidato da Franco è attivo da oltre tre anni mezzo con un impegno che, dal 2016, ha permesso un’inedita esperienza di fruizione del patrimonio culturale: 800 laboratori didattici, 30.000 visitatori, modelli 3d ed audioguide per non vedenti, abbattimento di barriere architettoniche, 8 tesi di laurea, museografia degli spazi, virtual tour, oltre 200 mostre multidisciplinari e 2 night experience.
Nel 2018 il progetto è stato selezionato per la finalissima del Bando “Culturability”, risultando tra i migliori 15 progetti d’Italia (su 351 partecipanti), conseguendo, inoltre, il 40° posto (su 300 partecipanti) al bando “Creative Living Lab” del MiBACT.
La tenacia e l’utopia, il pragmatismo e il sano protagonismo di questo collettivo ibrido stanno ridisegnando il territorio e rimodellando i “paesaggi interiori” di chi lo vive quotidianamente. «Il quartiere Badia, cuore del centro storico – riprende Franco – soffre degli stessi problemi che affliggono tanti borghi italiani: spopolamento e crescita delle disuguaglianze, impoverimento culturale e degrado. Con gli abitanti del quartiere e con le scuole del bacino geografico stiamo cercando, pertanto, di contrastare questa “desertificazione” sociale e culturale.
Il nostro programma ha permesso a Palazzo Beneventano di configurarsi come icona identitaria e di essere percepito come “bene comune” per l’intero territorio. In modo particolare, pensiamo ai nostri coetanei e alle più giovani generazioni: cerchiamo d’infondere coraggio e speranza. E siamo lieti che, dal 2017, una cinquantina di persone siano tornate a vivere e a frequentare Badia».
In una regione dove sono numerosi i giovani che non studiano e non lavorano, può una simile azione collettiva diventare un’impresa sociale generatrice di un reale sviluppo sostenibile? «In un Paese in cui oltre il 70% del patrimonio artistico e storico è abbandonato al suo destino – conclude Franco – la riqualificazione funzionale di un bene culturale dismesso può essere il catalizzatore ideale per una riconnessione sentimentale nella comunità di riferimento.
Con il supporto di Legacoop, volendo perseguire la via della prosperità inclusiva, tra qualche mese ci costituiremo come cooperativa sociale. Oltre a Palazzo Beneventano, nel 2020 saremo impegnati nel recupero di un altro prezioso bene culturale dimenticato del nostro territorio, sito a Carlentini – presto i dettagli – nel proposito di trattenerne, secondo una visione sempre più strutturale, le intelligenze e i talenti.
Per fare di una vocazione individuale una professione a beneficio di tutti. La principale forma di amore che conosciamo, alla fine, è questa: testimoniare la nostra appartenenza non smarrendo la speranza e consolidando una nuova “coscienza dei luoghi” che possa innervare il cambiamento che auspichiamo».