L’Italia è il Paese, in Europa, con il più alto indice di mezzi privati pro-capite, con la macchina diventata, nei decenni, più un simbolo di eleganza o opulenza che un mezzo attraverso cui compiere degli spostamenti. Le più giovani generazioni, per motivazioni non solo economiche, come dimostra il successo della pratica dello sharing, aspirano sempre più a una mobilità alternativa, dolce, sostenibile, che oltre all’ambiente faccia bene anche alla salute.
Simbolo di questa rivoluzione copernicana è diventata la bici – che un pò come la radio, tra tradizione e innovazione – non passa mai di moda. Ho trovato particolarmente interessante, dunque, raccontare l’esperienza di Nespresso, non la sola azienda impegnata sul fronte della circolarità, che a partire dalle sue cialde recuperate sostiene la realizzazione di biciclette.
“Chi va piano, va sano e va lontano”. Le parole di questo noto e vecchio proverbio italiano non potrebbero risuonare meglio nella cassa armonica della nostra quotidianità nella quale riverbera, tra le tante, l’”opera” della mobilità sostenibile.
Negli ultimi decenni, soprattutto nel nostro Paese, l’unica modalità per spostare mezzi e persone è stata ricorrere a veicoli, di diversa natura e cilindrata – assimilati dall’essere particolarmente inquinanti – che dovevano sfruttare le straordinarie infrastrutture stradali italiane.
Alternative più pulite e sostenibili, pur disponibili, per molti anni non sono state considerate e, anzi, chi ostinatamente ha perorato la causa di una mobilità meno energivora e più “amica dell’ecosistema” è stato etichettato negativamente perché reo di rifiutare “lo sviluppo” necessario per la crescita economica del nostro Paese.
La crisi climatica, e più recentemente la crisi pandemica, hanno completamente trasfigurato la contemporaneità e stanno imponendo l’adozione di una radicale e reale conversione ecologica dei nostri modelli di produzione e consumo in ragione della quale si devono sia sviluppare nuovi processi di economia circolare sia intraprendere inediti ed originali percorsi di ecologia integrale che rimettano al centro il diritto delle persone a vivere in città sane e a muoversi valorizzando sistemi intermodali realmente sostenibili.
E, dunque, se da lato echeggia il tentativo della sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, di re-immaginare la capitale francese come “la città dei 15 minuti” nella quale tutti i servizi e le necessità siano raggiungibili in tale intervallo di tempo impiegando monopattini elettrici, biciclette e mezzi pubblici ibridi o semplicemente camminando; dall’altro, cresce il coro di aziende e startup che, nei dettami proprio dell’economia circolare, cercano di saldare tecnologia ed ecologia.
E’ il caso, in particolare, di Nespresso, da moltissimi anni impegnata nel recupero e nel riuso delle milioni di capsule esauste in alluminio con investimenti da 40 milioni di franchi all’anno, che ha realizzato, con la cooperazione della giovane azienda scandinava Velosophy, Re:Cycle, la prima bicicletta in alluminio riciclato.
Di questa urban bike, realizzata con 300 capsule (meno di un caffè al giorno per un anno) e che ambisce a diventare una icona della “mobilità circolare”, non è apprezzabile solo il cestello in legno di rovere o non è solo gradevole la modellazione del campanello sulla geometria della cialda; ma anche il sellino – componente sempre molto delicata – fatto da un materiale tenero, ma resistente, come il sughero che evita l’uso di gel per conferirne comodità e funzionalità.
Non solo una bicicletta life-style dal design ricercato e raffinato – plasmata da un materiale notevolmente riciclabile e flessibile nei suoi diversi impieghi, con il beneficio di evitarne l’inutile dismissione in discarica, con costi importanti – ma anche un strumento di pace.
Per ogni bicicletta venduta direttamente dalla piattaforma online di Velosophy e attraverso il supporto dell’organizzazione World Bicycle Relief, infatti, una bicicletta verrà regalata ad ogni studentessa di uno dei Paesi in via di sviluppo sostenitori del progetto per agevolarne l’accesso all’istruzione.
La prossima volta che beviamo un caffè, facciamoci caso. La nostra cialda, opportunamente recuperata e valorizzata, potrebbe essere impiegata per rendere questo mondo più giusto e più pulito. Potrebbe diventare il “pedale” sul quale spingere tutta la nostra forza di volontà per un cambiamento accessibile e sostenibile, davvero alla portata di tutte e di tutti.