Per la mia rubrica “Comunità circolari”, ospitata da Eco in città, ho scritto il seguente articolo dedicato all’inquinamento indoor.
L’inquinamento indoor è tra i fenomeni più dannosi per la nostra salute: non solo perché invisibile, ma anche perché, per decenni, è stato enormemente sottovalutato nella sua complessità.
Non pochi studi scientifici, infatti, hanno dimostrato come l’inquinamento outdoor – soprattutto nelle città nelle quali la dotazione di verde urbano pro-capite è adeguata – sia inferiore a quello indoor, per la gestione del quale, dunque, occorrono soluzioni innovative.
Con il robusto consolidamento dei saperi della bioedilizia e dell’architettura eco-compatibile, nonché per le misure economicamente incentivanti adottate dagli ultimi Governi, negli ultimi anni le cose sono progressivamente migliorate, ma la strada da percorrere per trasformare le nostre abitazioni e, più in generale, tutti gli ambienti confinati (dagli uffici pubblici e privati alle strutture comunitarie, dai locali destinati ad attività ricreative e sociali, ai mezzi di trasporto) in scrigni di benessere è ancora lunga.
Ancor più oggi che, a causa della crisi pandemica, abbiamo riscoperto, non sempre piacevolmente, l’esigenza di frequentare maggiormente il nostro spazio domestico.
Per gli ambienti indoor, spesso ancora inconsapevolmente, le minacce per la nostra salute sono rappresentate dalle concentrazioni tossiche provenienti dall’esterno, dai materiali da costruzione, dai mobili e dagli arredi, dalla polvere e dalle muffe.
E’ sulla base di queste premesse e con l’obiettivo di elevare la salubrità degli spazi nei quali trascorriamo la maggior parte delle nostre giornate, perciò, che stanno iniziando a diffondersi rapidamente, anche in ottemperanza al paradigma dell’economia circolare, le vernici naturali e le pitture ecologiche.
Tali prodotti, che non hanno una origine chimica o sintetica e che sono conosciuti anche con il nome di “green paints”, sono ricavati dagli scarti alimentari che vengono opportunamente trasformati mediante specifiche e sofisticate tecnologie. Diverse esperienze sono attualmente in corso di sperimentazione nel nostro Paese.
Una delle più recenti è quella portata avanti dall’Istituto di Tecnologia di Genova nei cui laboratori, dalle eccedenze del cacao, del mais e delle arance, è stata realizzata una bioplastica atossica ad alte prestazioni capace di “far respirare” le pareti e di ridurre lo sgradevole effetto delle muffe.
“Naturalmente colore”, startup innovativa e spin-off dell’Università di Salerno, ha investito, invece, negli scarti del carciofo e della cipolla per introdurre nel mercato pitture eco-compatibili di ultima generazione capaci di assicurare una elevata salubrità agli ambienti interni delle architetture dove già sono state applicate, quali per esempio l’Ecomuseo della Dieta Mediterranea di Pioppi.
Dal mantovano giunge, infine, una delle innovazioni più creative e propositive su scala globale degli ultimi anni, a conferma dell’eccellenza raggiunta dalle imprese italiane agenti nel settore dell’economia circolare.
L’azienda Biocopac Plus nasce, infatti, per recuperare e trasformare gli scarti di un prodotto tipico della cucina italiana: il pomodoro. Nella buccia del pomodoro è presente la cutina da cui può essere ricavata una bioresina naturale che permette di realizzare le classiche scatolette contenenti “l’oro rosso”, testimoniando l’urgenza di sostituire il packaging tradizionale non sempre riciclabile.
La stessa azienda innovativa, nata da una storica famiglia di produttori agricoli, produce, inoltre, anche la vernice vegetale con cui colora gli stessi involucri per fornire ai consumatori una esperienza “integrale”.
Una buona pratica, replicabile anche ad altre latitudini, che conferma la “bontà” dell’economia circolare, sempre più desiderabile come orizzonte verso cui tendere per i suoi innumerevoli benefici sociali e ambientali.